Carlo de Filippo, patron del Pineta 1903 di Maiori, ha presentato Bell’è Buono, dedicato alla moglie Mariantonia e all’amore per la cucina
“Bell’e Buono” non è solo un’espressione napoletana per indicare qualcosa di improvviso. Bello e buono sono due termini che esprimono la sintesi completa di una Cucina – con la C maiuscola – fatta con tutti i crismi. È il messaggio che prova a mandare Carlo de Filippo, autore del libro che porta questo nome, titolare del Pineta 1903 di Maiori, che ha reso, con il tempo, un vero e proprio hub del gusto tradizionale campano.
Un’opera, “Bello e buono” che rappresenta, nei fatti, un omaggio al cibo, inteso in una triplice accezione, attraverso le varie fasi della sua vita: passione, amore e rifugio. Passione, in quanto fu proprio sul cibo, quello di eccellenza del territorio amalfitano, che Carlo de Filippo basò la nascita del suo ristorante. Amore, perché fu proprio con il suo progetto di ristorazione che nacque una famiglia con la moglie Mariantonia Cavaliere, anima del “Pineta”, scomparsa prematuramente nel 2021. Rifugio, in quanto è proprio nel cibo, nell’offerta di convivialità all’insegna del buono, del bello, del giusto e del pulito, parafrasando i pilastri dell’alleanza dei cuochi Slow Food cui aderisce, a rappresentare un’ancora di salvezza per superare questo triste evento e, anzi, rilanciare il locale e portare avanti tutto ciò che di bello e di buono Mariantonia aveva seminato negli anni precedenti.
Ricette, perlopiù, e in particolare quelle della Costiera, oggi interpretate con sapienza dallo chef Provino Milo, di origini furoresi proprio come Carlo, dai totani e patate sia nella versione classica che fritta, a quelli ‘mbuttunati e, ancora, alla loro genovese, al baccalà arreganato, ai birboni, espressione della tradizione pastaia minorese andata perduta, agli spaghettoni alla Conventuale, rivisitazione del tradizionale spaghetto interrato. Ricette tipiche, dunque, ma anche frutto dell’estro, e, soprattutto, della capacità di rielaborare abilmente prodotti del paniere locale in nuove creazioni, come nel caso del Pesto amalfitano o, ancora, del fogliolino, liquore realizzato con le foglie di sfusato in infusione. Tutte portate servite nel suo gradevole locale sul corso di Maiori, che, d’estate, spalanca le sue porte su un pergolato puntellato di limoni. Il tutto con una ricerca estetica ragionata e non proprio scontata. Anzi, decisamente fuori dai canoni tradizionali, e, ancor di più, da quelli della Costiera.
“Un piatto – precisa de Filippo – non solo deve essere buono al palato, fatto con prodotti di qualità, ma anche bello da vedere e ben presentato dal punto di vista estetico”. Ma Bell’e Buono, in napoletano, significa anche all’improvviso, a’ntrasatt, per dirla con un sinonimo, e sta a indicare proprio qualcosa di inaspettato. “Se Dante fosse stato napoletano – aggiunge l’autore – il suo più famoso incipit sarebbe stato: “Nel mezzo del cammin di nostra vita, bell’ e buono! Mi ritrovai per una selva oscura. L’espressione che dà il titolo a questo libro calza a pennello su quella che è la mia idea di cucina”. Non solo ricette, riflessioni e divagazioni sulla cucina nella sua essenza sospesa tra tradizione e innovazione, ma anche, e soprattutto, un insieme di testimonianze di vita vissuta, dalla parentesi all’estero all’esperienza della nascita del Pineta, nel 2015 recuperando spazi da un vecchio bar ormai dismesso. Che ora brilla di una nuova luce.